GBenucci

Biografia

Gustavo Benucci nasce a Perugia nel 1927. Ben presto si trasferisce con la famiglia prima a Livorno, poi a Terni e quindi nel 1940 a Roma, dove interrompe gli studi del liceo scientifico per seguire la vocazione della pittura. I suoi primi acquerelli da autodidatta denotano già un interesse per il paesaggio e la pittura "en plein air" che non lo abbandonerà più. Viene introdotto da Dino Minciaroni, giovane architetto perugino, negli studi di via Margutta, dove lavorano Angelo Savelli, Giovanni Omiccioli e Mario Mafai.

Nel 1945 il padre fa ritorno a Perugia con tutta la famiglia.

Nel 1947 Gustavo entra a far parte dell'"Unione delle Arti", fondata da Domenico Caputi, e realizza la sua prima personale alla "Galleria Nuova" di via Mazzini, presentato da Gerardo Dottori, suo maestro all'Accademia di Belle Arti.

Nel 1950 espone alla XXV Biennale di Venezia e alla mostra "Artisti perugini" presso la Galleria Po di piazza Buenos Aires a Roma, alla quale partecipano Manlio Bacosi, Germano Belletti, Enzo Brunori, Antonella Cerutti, Dante Filippucci, Giovanna e Romeo Mancini, Enzo Rossi, Castore Vignaroli. L'anno successivo espone alla VI Quadriennale di Roma.
In questi anni Benucci inizia ad elaborare una sua personale visione della natura in chiave di fantasia cromatica, basata sul libero fluire delle pennellate.

Nel 1952 si diploma presso l'Istituto Statale d'Arte di Perugia, dove presto sarà chiamato ad insegnare ornato e pittura.

Nel 1957 insieme all'amico Pietro Scarpellini organizza a Roma a Palazzo Braschi la mostra "Il Trasimeno muore", tema al quale Benucci si era già dedicato da diversi anni.

Negli anni '60 il suo interesse si sposta principalmente sull'architettura, e realizza molte ville nei dintorni di Perugia e sulle sponde del Trasimeno. L'attività di architetto si sposa felicemente con il suo amore per la natura ed il paesaggio umbro: le sue abitazioni sono pensate in funzione del paesaggio nel quale si inseriscono, e nello stesso tempo "intorno" alle persone che le abiteranno.

Nel 1968 espone, presentato da Nello Ponente, al Palazzo Comunale di Perugia, dove ritornerà nel 1974 con una grande mostra antologica comprendente duecento opere.

Nel 1977 vince la cattedra di Pittura all'Accademia di belle Arti di Perugia, ma lascia l'incarico dopo poco per dedicarsi esclusivamente alla pittura.

Dal 1976 al 1979, vive una dura esperienza personale che lo porta ad una pittura simbolista, sofferta, forte, a volte esasperata. È quel "Periodo di Trento" nel quale Benucci esprime tutto il suo dolore, la sua sfiducia, anche in se stesso, tutta la sua rabbia.

Pian piano, tuttavia questi sentimenti si esauriscono, fino al "Volo di un gabbiano" del 1980, segno della ritrovata libertà interiore e voglia di vivere.

Nuovi rapporti di amicizia, in terra di Romagna, lo portano ad una esperienza nuova: l'affresco. A Bertinoro, nella villa Prati, dipinge sulle pareti di una sala, dove esprime la gioia di ricominciare a vivere, il senso profondo dell'essere amici in progetti di aiuto reciproco, la bellezza della campagna, della vendemmia, dello stare insieme.

Nel 1986 tiene la sua ultima esposizione alla Rocca Paolina: una grande antologica che ripercorre tutta la sua attività di artista, con i suoi entusiasmi, i suoi ripensamenti, le sue rinunce, i suoi risultati.

L'anno seguente scopre di esser gravemente malato, ma questo sembra accrescere la sua passione per la pittura e gli ultimi anni della sua vita sono dedicati ad un lavoro quasi febbrile di ricerca e sintesi finale di tutti i suoi studi sulla natura. Il suo ultimo lavoro e atto d'amore, Rose, sarà dipinto tre giorni prima di morire, il 27 maggio 1991.